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Ogni mattina Vittorio Maria Canton di Sant'Andrea, quarant'anni e un metro e novanta per centodieci chili, poco prima che Gelasio, o meglio Anatoli, il maggiordomo, metta piede nella sua camera da letto, indossa la giacca da camera, finge di sistemarsi una chioma fluente che non ha, monta un rudimentale capestro e, con una smorfia cupa, infila la faccia nel cappio. I finti suicidi sono, per il principe di Sant'Andrea, un'innocua esibizione quotidiana, e tuttavia sorgono da un' anima dolorosamente afflitta dalla vita in comune con una vecchia zia malevola; da una casa le cui pareti sono decorate dai segni dei quadri mancanti, l'unica fonte di guadagno rimasta all'illustre casato; dall'amara constatazione che nessuno più l'invita alle feste che contano, nemmeno l'elegantissimo Caio Castaldi Cestelli che ha fatto recapitare alla zia Magda, anziché a lui, il suo prezioso invito al party Nobili alla ghigliottina. Che fare? Dove trovare conforto? Nell'amata lettura di gialli scadenti stile Omicidio a Bora Bora? Nelle pasticche di Tavor? La svolta della vita di Vittorio viene, inaspettatamente, proprio dal party Nobili alla ghigliottina, dove accorre l'intera aristocrazia romana. Durante la festa, Priscilla Castaldi Cestelli, consorte del conte Caio viene trovata morta. La versione ufficiale è: suicidio per impiccagione. Che assurdità! Una tesi così inaccettabile che Vittorio decide di trasformarsi in un implacabile investigatore.